Marzo 23rd, 2022

QUINDICESIMA STAGIONE 2022

DIARIO TREVIGIANO

A cura di Franco Piol 

 

 

 

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MASTER, ECCO I CAMPIONI ITALIANI DEL CROSS

Mario Lorenzon titolo master M85

 

 

 

Aviano (PN), 20 marzo 2022 – Una passione senza età, la voglia di sfidarsi con i coetanei di tutta Italia e magari scoprirsi a lottare per una maglia tricolore. Oltre 700 atleti in rappresentanza di 146 società, provenienti da 16 regioni, hanno fatto passerella al centro sportivo Visinai di Aviano, nel Pordenonese, in occasione dei campionati italiani master di cross. Ad una settimana di distanza dalla rassegna assoluta di Trieste, il Friuli Venezia Giulia è stato protagonista di un nuovo appuntamento tricolore sui prati, questa volta destinato agli “over 35”. Ventuno i titoli individuali assegnati, 11 maschili e 10 femminili. Quattro atleti hanno bissato le vittorie ottenute lo scorso ottobre a Palo del Colle (Bari) nell’edizione 2021 della rassegna: sono Joachim Nshimirimana  (Asd Track & Field Master Grosseto, SM45), Adolfo Accalai (Atl. Avis Castel S. Pietro, SM70) e, in campo femminile, Simona Santini (Circolo Minerva Asd, SF40) e Simona Angelini (Atl. Paratico, SF50). Maglia tricolore anche per gli ex azzurri Paolo Donati (Asd Daunia Running, SM60) e Nadia Dandolo (Asi Atletica Roma, SF60). A livello di club, scudetto maschile alla Dynamyk Fitness Palo del Colle che torna sul gradino più alto del podio, dov’era già salita nel 2020, precedendo i campioni uscenti dell’Atletica Paratico: 1083 punti per i pugliesi, 1060 per i bresciani. Un arrivo davvero al fotofinish, mentre il bronzo, come nel 2021, è andato ai foggiani dell’Asd Daunia Running (1011 punti). Tra le donne, quinto successo consecutivo per l’Atletica Paratico (737 punti), davanti all’Atletica 85 Faenza, che ha bissato l’argento dell’anno scorso (696), e alle emiliane della Circolo Minerva Asd, staccate di appena quattro punti (692). Applausi per l’Atletica Aviano, ottima padrona di casa, capace anche di vincere un titolo tricolore, con Maria Cristina Fragiacomo, leader tra nella categoria SF80, e di centrare un doppio, bel piazzamento di società (none le donne, undicesimi gli uomini). Nella “due giorni” di gare (sabato avevano gareggiato gli under 18, impegnati nella tappa inaugurale del 25° Grand Prix Giovani) il centro sportivo Visinai ha accolto complessivamente un migliaio di atleti, offrendo un percorso asciutto e in gran parte erboso, ma non privo di asperità, ai piedi del Piancavallo, dove si tornerà a correre anche il 26 giugno, con l’Aviano-Piancavallo, e il 17 luglio, con la Panoramica delle Malghe, altri due eventi targati Atletica Aviano.    

 

RISULTATI. CAMPIONI ITALIANI. UOMINI. SM35 (6 km): Gabriele Del Longo (Gr. Marc. Calalzo Atl. Cadore) 2133SM40 (6 km): Antonino Liuzzo (Running Emotion Asd) 2108SM45 (6 km): Joachim Nshimirimana (Asd Track & Field Master Grosseto) 2138SM50 (6 km): Said Boudalia (Atl. Trichiana) 21’45”. SM55 (6 km): Roberto Pedroncelli (G.P. Santi Nuova Olonio) 22’37”. SM60 (4 km):  Paolo Donati (Asd Daunia Running) 15’46”. SM65 (4 km): Alberto Adamo (Atletica Olympus) 17’11”. SM70 (4 km): Adolfo Accalai (Atl. Avis Castel S. Pietro) 17’31”. SM75 (4 km): Salvatore Puglisi (Atletica Master Trieste) 20’48”. SM80 (4 km): Vittorio Bertazzoli (Atl. Paratico) 27’22”. SM85 (4 km): Mario Lorenzon (Valdobbiadene) 38’53”.

 

DONNE. SF35 (4 km): Valentina Facciani (Atl. Avis Castel S. Pietro) 15’55”. SF40 (4 km): Simona Santini (Circolo Minerva Asd) 15’54”. SF45 (4 km): Ana Nanu (Atl. Rimini Nord Santarcangelo) 17’22”.  SF50 (4 km): Simona Angelini (Atl. Paratico) 16’54”. SF55 (4 km): Enrica Carrara (Atl. Di Lumezzane) 17’17”. SF60 (3 km): Nadia Dandolo (Asi Atletica Roma) 14’32”. SF65 (3 km): Iole Ronchi (Atl. Paratico) 16’31”. SF70 (3 km): Diana Raccagni (G.P.A. Lughesina) 19’44”.  SF75 (3 km): Maria Grazia De Colle (Gs Quantin Alpenplus) 22’47”. SF80 (3 km): Maria Cristina Fragiacomo (Atl. Aviano) 28’07”. 

RISULTATI COMPLETI   

 

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Atletica, Maratonina della Vittoria

ANDREA MASON 1h 06.44.

VALENTINA BERNASCONI 1h 22.53.

LEONARDO DEI TOS marcia 1h 38.35.

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Peter Nwaniki Njeru (DK Runners Milano) è il re della 7^ Maratonina della Vittoria, andata in scena questa mattina a Vittorio Veneto. Il 24enne keniano, reduce dal quarto posto dei Societari di cross di Trieste, si è imposto sul traguardo di Piazza del Popolo in 1h03’36”, realizzando il nuovo record della gara. Njeru ha preceduto il ruandese Jean Baptiste Simukeka (Gs Orecchiella Garfagnana), arrivato in 1h04”36, e il keniano Eric Muthomi Riungu (Atl. Saluzzo), che ha chiuso in 1h05’12”. Miglior italiano, il siepista azzurro Abdoullah Bamoussa (Atl. Brugnera PN Friulintagli), quarto in 1h05’37”.Sesto il giovane Andrea Mason (Silca Ultralite Vittorio Veneto), classe 2000: 1h06’44”, per lui. Njeru ha preso l’iniziativa al 7° chilometro, sfilacciando il gruppo dei migliori sino ad allora composto anche da Simukeka, Riungu, dall’altro keniano Mike Kipruto e da Bamoussa e Mason. Njeru e Simukeka sono transitati in coppia al 10° chilometro in 30’17”, con Bamoussa quarto, distanziato di 7” dai battistrada, e Mason a 37”. Al 17° chilometro il momento decisivo della gara: Njeru allunga di nuovo e questa volta stacca Simukeka. Gli ultimi chilometri, sulla pista ciclabile lungo il Meschio, sono un assolo di Njeru che non soffre il tratto di gara in leggera salita, rispettando sino alla fine il ruolo di favorito. E’ stata una gara particolarmente veloce: i primi cinque atleti sono scesi sotto il primato della corsa, cancellando la prestazione del keniano Joash Kipruto Koech che nel 2019 – l’ultima edizione della Maratonina della Vittoria disputata prima dell’arrivo della pandemia – aveva corso in 1h06’27”.

“Ho provato a reggere il ritmo di Njeru e Simukeka, ma poi ho capito che l’andatura era troppo veloce e mi sono staccato: negli ultimi tempi ho gareggiato moltissimo e mi sentivo un po’ stanco – le parole di Bamoussa -. Nella parte iniziale abbiamo sofferto il vento, ma il percorso è bellissimo e a Vittorio Veneto, dove abitavo da ragazzino (ora risiede nel Bellunese, ndr), corro sempre volentieri”. Due atlete sotto il record della gara anche al femminile, dove la prima a giungere al traguardo è stata Ziporah Wanjiru Kingori (Podistica Torino). La 27enne keniana ha fermato il cronometro a 1h11’05”, stabilendo il record personale e togliendo 4’34” al tempo realizzato nel 2019 dalla connazionale Vivian Jerop Kemboi (1h15’39”). Argento per la burundese Cavaline Nahimana (Atl. Libertas Unicusano Livorno, 1h11’58”), bronzo per l’etiope Asmerawork Bekele Wolkeba (Podistica Torino, 1h17’59”).

Poi due ex azzurre della pista, la friulana Erica Franzolini (Maratonina Udinese), arrivata al nuovo personale (1h18’03”), e Valentina Bernasconi (Atl. Mogliano, 1h22’53”), stella di casa, già vincitrice della Maratonina della Vittoria nel biennio 2015/2016. All’arrivo anche l’azzurro Leonardo Dei Tos che ha marciato per tutti i 21 km, chiudendo in 1h38’34” (“Sono partito più veloce del previsto, ma ho tenuto il ritmo sino alla fine senza soffrire troppo: ora, il 10 aprile ad Alessandria, mi aspettano i campionati di società in pista sui 10 km”), e la slovena Helena Javornik, 55 anni, ex fuoriclasse del mezzofondo e fondo continentale degli anni ’90 e 2000, arrivata in 1h41’14” (26^ donna). Oltre 840 gli atleti al traguardo.

Tra loro anche Silvia Furlani, la podista friulana malata di sclerosi multipla, accompagnata da Ercole La Manna, il podista scalzo di Vittorio Veneto. Silvia è partita alle 6 e ha concluso la prova in poco meno di 7 ore. Una domenica di grande impegno per la Scuola di Maratona Vittorio Veneto che ha schierato 130 volontari impegnati nell’organizzazione e una sessantina di atleti.

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“È stata una bellissima ripartenza: ho sentito tanti commenti positivi – spiega Ivan Cao, presidente della società organizzatrice -. Il percorso, pur non essendo particolarmente veloce, è stato molto apprezzato. E anche il livello tecnico della gara mi è parso elevato, con ben sette atleti, tra uomini e donne, scesi sotto i vecchi primati della gara. Ringrazio le amministrazioni comunali di Vittorio Veneto, Cappella Maggiore e Sarmede e le associazioni che ci hanno dato una mano a livello organizzativo”.

Gli impegni della Scuola di Maratona proseguiranno molto presto: il 3 aprile, a Cordignano, c’è l’ormai classico Trail del Patriarca. Dalla strada al fuoristrada, senza fermarsi mai.                                   

CLASSIFICHE.

Uomini: 1. Peter Mwaniki Njeru (KEN/DK Runners Milano) 1h03’36”, 2. Jean Baptiste Simukeka (RWA/Gs Orecchiella Garfagnana) 1h04’36”, 3. Eric Muthomi Riungu (KEN/Atl. Saluzzo) 1h05’12”, 4. Abdoullah Bamoussa (Atl. Brugnera PN Friulintagli) 1h05’37”, 5. Mike Kipruto (KEN/Asd International Security) 1h06’08”, 6. Andrea Mason (Silca Ultralite Vittorio Veneto) 1h06’44”, 7. Radoine Amehdy (MAR/Atl. Brugnera PN Friulintagli) 1h10’15”, 8. Lorenzo De Conto (HRobert Running Team) 1h10’56”, 9. Alderico Tonin (Gs Quantin Alpenplus) 1h11’03”, 10. Stefano Rigoni (1 To Run Asd) 1h11’45”. 

Donne: 1. Ziporah Wanjiru Kingori (KEN/Podistica Torino) 1h11’05”, 2. Cavaline Nahimana (BDI/Atl. Libertas Unicusano Livorno) 1h11’58”, 3. Asmerawork Bekele Wolkeba (KEN/Podistica Torino) 1h17’59”, 4. Erica Franzolini (Maratonina Udinese) 1h18’03”, 5. Valentina Bernasconi (Atl. Mogliano) 1h22’53”, 6. Francesca Tosato (Alpago Tornado Run) 1h26’10”, 7. Paola Doro (Nuova Atl. Roncade) 1h28’59”, 8. Giorgia Bocchetto (Running Club Venezia) 1h30’41”, 9. Eleonora Bado (Spak4 Padova) 1h30’49”, 10. Erika Venturini (Gs Mercuryus) 1h31’17”.

 

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Giovanni Modesto Bonan, atleta, allenatore e professore a Valdobbiadene, si racconta

di Luca Nardi

Giovanni Modesto Bonan è una vera istituzione a Valdobbiadene da moltissimi anni.

Prima che allenatore dell’Atletica Valdobbiadene, dove ha mosso i primi passi nel 1985, e insegnante di Scienze motorie e sportive alla scuola media “Efrem Reatto” (dove è di ruolo dal 2007), è una persona ottimista, motivante e giocosa da cui c’è tanto da imparare.

Pochi conoscono la carriera sportiva del professore nato e residente a Porcen di Seren del Grappa. Per citare solo alcune sue soddisfazioni personali, nel giugno 1974, a 17 anni, ha vinto i 1500 metri ai campionati italiani studenteschi, ha vestito la maglia azzurra giovanile nei 1500 e quella assoluta “dei grandi” nei 3000 siepi in diverse occasioni, ha rappresentato l’Italia due volte ai campionati mondiali militari di corsa campestre ed è stato finalista alle Universiadi del 1983 nei 3000 siepi. Ha vinto, inoltre, 4 titoli italiani universitari nei 3000 siepi, cinque volte argento ai campionati italiani della medesima specialità. Poi nel 1984 smette di colpo e si dedica all’insegnamento… Nell’intervista esclusiva che ha concesso a Qdpnews.it scopriremo il perché.

 

 

Come nasce la sua passione per l’atletica e per il mondo dello sport in generale? 

Al mondo dell’atletica, della corsa in particolare, sono stato introdotto da due miei fratelli molto più vecchi di me. Loro erano una specie di pionieri della corsa locale e partecipavano alle prime gare che venivano organizzate a metà degli anni Sessanta. Io, piccolino di 7-8 anni, seguivo le loro gesta e cercavo, inutilmente, di rincorrerli negli allenamenti in mezzo ai prati. Nelle sagre di paese, fin da adolescente, organizzavo le garette per i miei coetanei costruendo personalmente le bandierine per delimitare il tragitto. Poi i Giochi della Gioventù hanno creato l’entusiasmo per proseguire.

Quali sono le soddisfazioni agonistiche che si porterà per sempre nel cuore?

Probabilmente la più grande emozione l’ho avuta vincendo il titolo studentesco nei 1500 metri nel 1974. Da sconosciuto ragazzo di “montagna” ero il diventato miglior mezzofondista diciassettenne del tempo. Una vittoria che ha cambiato completamente la mia vita e l’ha orientata verso la professione che svolgo oggi. Scegliendo di fare l’atleta ho scelto di studiare. Non era così scontato per le famiglie in quegli anni. Altre soddisfazioni indimenticabili sono state l’esordio in maglia azzurra all’Olimpico di Roma oppure la partecipazione alle Universiadi in Canada, ma anche successi sulla carta meno prestigiosi che mi hanno gratificato molto. Per esempio ricordo una vittoria alla “StraBelluno”, prestigiosa gara nazionale negli anni ’80: non è mai facile fare il profeta in patria. Oppure, nel 1980, la vittoria della “StraMilano” dei 50.000 partecipanti, una folla inimmaginabile. 

 Il caso Schwazer non è una mosca bianca. Il doping era diffuso anche ai suoi tempi. Qual è stata la sua risposta?

Qui entriamo in un campo minato. Non è facile per me ripercorrere quei tempi. Dico solo che la mia interpretazione dello sport non prevedeva imbrogli. Sono stato un atleta corretto anche negli aspetti agonistici. Non utilizzavo sotterfugi o trucchetti per infastidire gli avversari. Per me doveva vincere il più forte, non il più furbo, quindi agonista e non antagonista. Giocavo le mie carte attraverso il sacrificio e la volontà. Queste caratteristiche provenivano dall’educazione ricevuta. Sicuramente ai miei tempi più di qualcuno barava, diciamo che riceveva degli “aiutini”. Era un aspetto fastidioso e nell’ambiente si intuiva senza averne le prove. Sostanzialmente mi ha portato ad interrompere la mia carriera a soli 27 anni. Non ho però rimorsi. Io posso guardare tutti negli occhi, qualcun altro no, ben sapendo di aver raggirato le regole per affermarsi.

Quanto è importante la disciplina che insegna da una vita nelle scuole? 

Direi fondamentale, soprattutto dopo gli ultimi due anni vissuti in pandemia. La componente motoria in questa società che corre veloce con la tecnologia deve riappropriarsi degli strumenti umani che ciascuno di noi ha dalla nascita: gli schemi motori di base. Sono le unità basiche del movimento: gesta innate, spontanee, naturali. Quanti dei nostri ragazzi sanno correre, non dico bene, ma solo correre? Quanti sanno rotolarsi, fare una capovolta, arrampicarsi da qualche parte; quanti sanno fare un semplice salto, afferrare un oggetto oppure lanciarlo? Queste carenze di semplici espressioni di movimento, se non potenziate e consolidate, si ripercuotono in futuro poiché il ragazzo non è poi in grado di apprendere nuove abilità che potrebbero essere utili anche nel campo lavorativo di qualsiasi genere. Quindi alle famiglie va l’invito di avvicinare per quanto possibile i ragazzi al movimento, qualunque esso sia, e di farli appassionare alla pratica sportiva.

Dopo due anni di pandemia gli studenti si sono “impigriti” come tutti dicono?

Non credo impigriti ma demotivati sicuramente. Le limitazioni negli sport di squadra, sia riservati agli allenamenti sia alle competizioni, ha fatto “perdere” molto tempo alle fasi di apprendimento dei ragazzi, soprattutto coloro che rientrano nelle fasce giovanili. La pigrizia si combatte con gli stimoli. Sta alle aziende educative dello sport riannodare le fila con i ragazzi creando ambienti ed attività stimolanti capaci di riprendere e colmare il gap che si è naturalmente creato con lo stop forzato.

Il progetto “Movimento e benessere per tutti” che svolge alla scuola media di Valdobbiadene è un grande successo. In che cosa consiste?

Effettivamente ha avuto un riscontro insperato. Come docenti di Educazione fisica, io e la collega Lorena Brugnera, abbiamo fatto una scelta piuttosto radicale. Offrire un’attività sportivo-educativa integrativa pomeridiana solo a coloro che non avevano nessuna possibilità di praticare uno sport strutturato con le società del territorio. Ci siamo ritrovati con i corsi completi, dovendo accettare anche un surplus di iscrizioni. Le famiglie hanno recepito il messaggio e molti alunni e alunne hanno avuto modo di praticare delle attività giocose, stimolanti e divertenti con tutte le ricadute sul piano educativo che un’esperienza scolastica può generare.

Allenare è sempre stato il suo amore più grande. Come si avvicina un giovane all’atletica?

Nell’atletica la competizione è una lotta con se stessi che richiede molta autodisciplina. Nell’atletica la competizione (diretta o indiretta) confronta i tempi e le misure degli atleti che sono valutati e paragonati a tempi e misure fatti da altri atleti. È considerata, e sostanzialmente è, una disciplina individuale con tutti i pro e i contro. In atletica non ci si può nascondere. Nelle attività di squadra ogni tanto si vince, alla peggio si può anche pareggiare. In atletica questo non avviene. È molto facile “perdere”; pertanto, chi si avvicina all’atletica per il piacere di far vedere come si sono evoluti i propri schemi motori di base deve essere educato ad entrambi i rovesci della medaglia: vincere ma soprattutto a perdere.  Non deve sentirsi super solo perché ha battuto tutti gli avversari e, allo stesso tempo, non deve considerare la sconfitta come un fallimento. Entrambi i risultati faranno crescere: la vittoria e la sconfitta dovrebbero essere ambedue incentivi per migliorarsi ancora. Chi si migliora “vince” sempre, al di là del piazzamento. Se un ragazzino si presenta al campo di atletica e lentamente interiorizza questi concetti, l’atletica sarà il suo “amore” per sempre. 

Quali risultati hanno raggiunto i suoi atleti?

Sinceramente non bado molto al prestigio dei risultati raggiunti dagli atleti che seguo. Per me è importante che stiano bene, che siano appassionati, che tengano un profilo basso, che abbiano un comportamento adeguato e possiedano dei valori, tra cui la fiducia nei confronti di chi li allena. Nel passato ho avuto il piacere e la soddisfazione anche di allenare atleti di caratura mondiale. Come preparatore atletico ho goduto di diverse promozioni di categoria in diverse discipline (calcio in primis, ma anche pallavolo e pallacanestro). In atletica è molto difficile emergere. La concorrenza è grande. Non alleno professionisti ma bravissimi studenti (molti di loro sono usciti con un bel 100 alle superiori) impegnati con l’università. Però qualche cosa ho raccolto: una “mia” atleta ad inizio marzo è stata medaglia d’argento ai nazionali di corsa campestre, altri sono entrati nella “top ten” ai nazionali indoor e outdoor di categoria.

Ha mai pensato di appendere al chiodo il cronometro di allenatore?

Sono una persona atleticamente curiosa, mi piace mettermi in gioco, quindi sperimento e mi lancio sempre in nuove esperienze. Nel passato ho allenato di tutto, non solo gli sport più conosciuti ma anche tamburello, ciclismo, ciclocross, orienteering, motocross freestyle, sempre con passione e rigoroso impegno. Adesso, anche per l’età che avanza, sono tornato alla disciplina con la quale ho raccolto maggiori soddisfazioni da atleta, è meno stressante e probabilmente più gratificante. Al celebre chiodo ho attaccato le scarpe (e sono ancora lì) nel 1984; nessuna tentazione di rimetterle. Ad appendere al chiodo il cronometro non ci penso neppure. Fra un paio d’anni sarò in pensione e quale può essere il modo migliore per spassarmela se non in mezzo ai ragazzi, dare loro consigli e vivere con loro gioie e delusioni?

Se le chiedessi di esprimere con una sola parola più di quarant’anni di carriera da atleta, professore e allenatore quale sceglierebbe?

Se mi è concessa una sola parola questa è sacrificio. Se posso aggiungerne altre, allora scelgo impegno, passione, determinazione, tenacia, coerenza e amore per il proprio lavoro.


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